In
casa del marchese Benigni invece venivano nascosti i documenti del Comitato,
che erano premurosamente conservati dal marchese e dalla moglie Laura,
anch’essa patriota convinta. I documenti di Ferruccio venivano nascosti proprio
in questa abitazione perché qui vi abitava anche il marchese Roderigo, padre di
Carlo, il quale era un sanfedista e un cameriere di cappa e spada del
pontefice, e dunque persona insospettabile. Infatti un curioso episodio ci
narra che, arrivata la polizia in casa Benigni, la marchesa Laura nascose il
materiale incriminato in camera del suocero ed esso venne così salvato.
Ferruccio
era alle dipendenze di un altro Comitato, quello di Rimini, che faceva capo
alle città marchigiane e in cui si preparava l’insurrezione definitiva. Questa
fu fissata per l’8 settembre del 1860 e scoppiò nella città di Pergola, dove
circa 180 fabrianesi andarono a combattere. Poco dopo le truppe del generale
Cialdini iniziarono la liberazione delle Marche. A Fabriano la guarnigione
pontificia se ne andò ancor prima che arrivasse l’esercito piemontese, il
giorno 14 settembre. Nello stesso giorno un gruppo di bersaglieri entrò
attraverso la porta del Borgo (poi chiamata Barriera Bersaglieri per ricordare
l’avvenimento). Subito ci furono grandi festeggiamenti in tutta la città e
nell’immediato le ormai vecchie autorità diedero le dimissioni e venne nominata
una Giunta provvisoria di governo che a sua volta nominò una commissione
municipale. Fabriano era libera, ma il passo definitivo fu il plebiscito del 4
e 5 novembre con cui la popolazione era chiamata a scegliere se entrare a far
parte o meno del nuovo regno. La scheda elettorale presentava una semplicissima
domanda: “Volete entrare a far parte della monarchia costituzionale del Re
Vittorio Emanuele II?” A Fabriano 2080 voti favorevoli schiacciarono i soli 2
contrari e così il popolo scelse democraticamente l’annessione al Regno
d’Italia.