venerdì 18 maggio 2012

IL CINEMA A POIESIS


(articolo pubblicato sul Corriere Adriatico del 18/05/12)



Parlare di Poiesis, il festival che si svolgerà a Fabriano dal 25 al 27 maggio, significa anche parlare di cinema. Come negli scorsi anni anche in questa quinta edizione il cinema sarà infatti presente, con ospiti di spessore e proiezioni no-stop di grandi film. Arrivano a Fabriano Paolo e Vittorio Taviani, i due fratelli del cinema che 

giovedì 10 maggio 2012

InArte al 100x100


La Nuova Galleria delle Arti di Fabriano ospiterà, dal 18 al 27 maggio, la mostra “Fabriano InArte al 100x100”. L’evento, organizzato dall’associazione culturale InArte e curato da Giuseppe Salerno, è patrocinato dal Comune di Fabriano e sponsorizzato dalla Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana. Trenta artisti del territorio si presentano insieme in un’esposizione in cui offrono le loro considerazioni su una città ricca di storia e cultura. Un gesto innovativo, che unisce tanti artisti poliedrici che mettono insieme le loro diversità tecniche e di pensiero per fornire ai fruitori della mostra una riflessione unica sulla realtà fabrianese. Un appuntamento che mette in mostra i talenti del territorio e le ricchezze artistiche presenti, ennesima testimonianza dell’obiettivo con cui è nata l’associazione InArte: unire le arti per creare una condivisione culturale che arricchisca sempre di più la città.
L’inaugurazione è prevista per sabato 18 maggio alle ore 18:00 e la mostra sarà aperta tutti i giorni fino al 27 maggio dalle 16:00 alle 20:00.
L'esposizione è solo uno degli appuntamenti dell’associazione InArte: in programma anche il premio internazionale d’acquarello “Marche d’acqua”, dal 1 al 3 giugno, e la quinta edizione di “Festando”, che si svolgerà da luglio a settembre.

lunedì 7 maggio 2012

PERSONALE DI FRANCO ZINGARETTI - 40 ANNI DI CARRIERA



L’evento “Reazioni cosmiche, la carta l’origine e l’immaginario” è dedicato al compimento dei 40 anni di carriera dell’artista fabrianese Franco Zingareti. Il catalogo che accompagna la mostra presenterà il cammino professionale che in 40 anni l’artista ha compiuto in stretta sinergia con la sua città e le eccellenze del suo territorio, soprattutto con l’elemento carta che ha da sempre caratterizzato le sue opere. La mostra, curata dall’artista, amico di Zingaretti, Claudio Schiavoni presenta il compimento di un lungo percorso artistico ed espressivo con elementi inediti di grande interesse, fra cui opere scultoree in carta, opere pittoriche tridimensionali ed istallazioni.
 All’evento di inaugurazione della mostra sarà proiettato il video inedito curato e realizzato da Achille Corrieri, che testimonia il profondo rapporto di Franco Zingaretti con la città di Fabriano.
 La Città di Fabriano e la Fondazione della Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana sono i prestigiosi enti patrocinanti che insieme alle associazioni culturali Fabriano Incontra ed InArte hanno curato l’evento.
 Presentano la carriera di Zingaretti, nel catalogo, i testi critici di Valeria Carnevali, Paola Ballesi, Silvia Cuppini, Giuseppe Salerno – il testo di Claudio Schiavoni presenta la mostra.

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FRANCO ZINGARETTI, ESPERANTISTA DI SEGNI E COLORI – di Valeria Carnevali
Le culture secolari degli uomini e la Cultura, quella millenaria dell’Uomo.
Attraversando i mondi, attraversando le genti, attraversando le epoche, l’arte di Franco Zingaretti, nomade dell’anima, sembra trasmigrare nel tempo e nello spazio, rimanendo nel corso dei suoi anni, circa quaranta di carriera ininterrotta, fedele a se stessa, ai propri valori e al proprio valore. Ai valori, perché ciò che negli anni Settanta era solo abbozzato, embrione di segno e significato, nelle sue istanze etiche ed emergenze espressive, col continuo rinnovarsi delle esperienze creative, veniva ripreso, raffinato, ulteriormente meditato e di nuovo partorito, idea che nasce e prende forma lungo un percorso di vita e di passione; e fedele anche al proprio valore, perché, nella storia di Zingaretti, la qualità dei lavori proposti, siano e siano stati essi dipinti, assemblages, collages, installazioni, è stata costantemente ed ossessivamente perseguita ed ottenuta, con l’estro del genio d’artista e la costanza del paziente artigiano. I valori e il valore sono i primi protagonisti della corposa retrospettiva che il presente catalogo intende documentare: le opere fondamentali e fondanti dell’avventura estetica di Zingaretti si susseguono in queste pagine come l’archivio di un’esistenza vissuta tra arte, con la sua dirompente portata di creatività, e pensiero, categoria dell’intelletto, cifra di ciò che è umano, solo umano. Seguire questo percorso spogliandosi dei pregiudizi dell’osservatore moderno, corrotto dalla sovrabbondanza di immagini e dalla pletora di messaggi più o meno necessari nell’abuso delle tecnologie della comunicazione, e ritrovando la leggerezza di cuore ed il disincanto di sguardo del bambino o dell’ingenuo allo stato di natura, significa compiere un viaggio di formazione attraverso segni e simboli di un universale semiotico che attraversa le culture per portare un messaggio ecumenico di pace e condivisione. Il linguaggio traslato che si viene man mano delineando negli anni, allontanandosi sempre più dalla rappresentazione, non finisce con l’approdare ad un astrattismo puro: quello che può essere definito “astrattismo di derivazione” muove dalla meditazione su forme del reale trasfigurate in segni che hanno più dello spirituale che del simbolico.

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IL FILO ROSSO di Paola Ballesi
Da circa un trentennio Franco Zingaretti si colloca nel panorama della ricerca artistica marchigiana con una sua fisionomia ben definita, caratterizzata da un forte legame con la tradizione e in particolare con la cultura materiale fabrianese che ha nella carta la cifra della sua peculiarità ed eccellenza.
Per anni impegnato come mastro cartaio e poi disegnatore filigranista a Fabriano, la carta è il mezzo privilegiato dall’artista, il canovaccio da cui partire per le sue scorribande segniche che squadernano antichi pittogrammi, simbologie esoteriche, emblemi e imprese, disegni infantili e gestualità primitive commiste con segnaletiche metropolitane e interventi di street art, insomma tutta la creatività umana espressa nel linguaggio visivo fin dalla notte dei tempi e condensatasi in “scrittura”.
Il filo rosso della scrittura è la traccia che Zingaretti segue ed insegue fin dai suoi esordi, come un nomade che, proprio in ossequio al nomadismo regala alla sua pittura un taglio riduttivo di assoluta semplificazione e riduzione elementare per conferire alle forme espressive declinate nelle più svariate tecniche una propria legittimità, una volta sfatato il pregiudizio imitativo dell’arte e con esso del mero significato sostitutivo o decorativo.
Ma proprio la ricerca di gesti, parole, forme, suoni e immagini che racchiudono come in uno scrigno pensieri e significati, elaborazioni concettuali con cui l’umanità di ogni tempo e ogni luogo ha di volta in volta tentato una relazione segnica con la realtà, ha consentito all’artista di riscoprire la ricchezza del materiale cartaceo quale supporto ideale per le infinite testimonianze-tracce che ogni civiltà e cultura ha distillato nella storia come un' eredità palese ma anche criptica, mai completamente manifesta, bensì aperta ad infinite letture ed interpretazioni.
In questo senso le pitture e le installazioni di Zingaretti si offrono come una originale riscoperta dell’oggetto, il più delle volte un assemblaggio di diversi materiali a dominante cartacea, cui viene conferita una nuova legalità per l’alta valenza simbolica che essi possiedono, esemplificata dalla cartella in omaggio a Pietro Miliani, fabbricante di carta.
Nell’opera-oggetto l’artista segnala la qualità relazionale, sedimentata in segni e tracce frutto di contaminazioni con i più vari materiali, che testimonia l’incontro con l’uomo e come tale ne rivela lo spessore simbolico dispensatore di significati, sia che si avvalga di antiche iconografie, sia che pratichi linguaggi contemporanei. Ovunque prevale la mission sciamanica di chi raccoglie attraverso i linguaggi visivi le forme del tempo nel loro svolgersi ed avvilupparsi in grumi di senso per poi sciogliersi verso esiti di significato completamente nuovi e inaspettati.
Da nomade e sciamano così Zingaretti attraversa i territori dell’arte contemporanea lasciando dietro si sé sedimenti di una ricerca puntuale e perseverante che non ha mai smesso di indagare l’avventura umana tra natura e cultura a partire già dai grandi acrilici commisti con sabbia degli anni ’80-’90, ai successivi rilievi su plastica o legno ottenuti con la composizione di materiali assolutamente naturali come ciottoli di fiume e di mare, ma che trova nella carta lavorata a mano l’estrema sintesi e l’assoluto emblema.
La carta rivisitata e vissuta, coniugata con sabbia, canne di fiume o cortecce d’albero, lavorata con la tecnica del collage o articolata con oggetti tridimensionali o ancora come semplice supporto, resta comunque la superficie accogliente, la pagina bianca che custodisce come i fogli di un erbario le tracce che stillano l’essenza della vita, talora più silenti e nascoste talaltra più vivaci e colorate,  così come l’artista le ha catturate, protette, conservate e altrettanto generosamente regalate a noi spettatori.

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CARTA CANTA di Silvia Cuppini
Le carte di Franco Zingaretti prendono vita come quelle che Alice nel paese delle meraviglie incontra al termine del suo viaggio. La terribile regina di cuori prende corpo per minacciare di morte chiunque si opponga ai suoi decreti.
Le carte di Zingaretti conquistano la terza dimensione attraverso l’accostamento del disegno, del colore, del legno, delle bacchette colorate, dei sassi raccolti sulla riva del mare: sono collages o assemblaggi.
Il procedimento di montaggio delle varie parti ricorda un discorso o un racconto fondato sulla figura retorica detta Paronomàsia.  Accostando due o più parole che abbiano un suono simile ma significato diverso, come carta canta,  si raggiungono effetti narrativi quali quello del rafforzamento di uno dei termini, oppure quello di un gioco musicale o umoristico.
Mi pare che le opere di Zingaretti possano essere lette attraverso questa griglia di significati: il gioco, la musicalità, l’assoluta convinzione del fare.
Il cerchio è la forma più ricorrente nelle forme ritagliate dall’artista. Spesso l’immagine anche se privilegia la composizione astratta non manca di strutturarsi in chiave antropomorfa. L’uomo, il bambino, la fanciulla, il vecchio si nascondono volentieri fra quelle forme che sembra nascano dall’incanto di un artista che ha chiesto, come dono, quello di restare alle prime ere del mondo, ha chiesto di mantenere intatto lo stupore del primo sguardo.
Il cerchio rappresenta la forma perfetta dell’occhio, il cerchio è quello che si allarga intorno al sasso gettato nell’acqua, il cerchio è l’anello, è la collana, è il tempo, è la ruota, è la perfezione del piccolo Giotto, è la luna quando non gioca a nascondersi, è il girotondo, è il circo, è il mondo.
Zingaretti è il cerchio.

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IL GIOCO PLANETARIO di Giuseppe Salerno
Sono le specificità del luogo, quello nel quale si nasce e dove si spendono le prime energie per entrare in rapporto con la realtà che ci accoglie, ad influenzare il nostro percorso di vita. Un percorso unico dove occasioni e predisposizioni individuali, incontrandosi, determinano la maggiore o minore fortuna di un’esistenza.
Franco Zingaretti, che ebbe i natali in un luogo, Fabriano, dove l’economia per secoli e con essa la cultura si sono costantemente alimentate dell’odore delle carte prodotte a mano, è mastro cartaio e filigranista. Una professione magica quest’ultima che affida ogni rappresentazione alla sola carta attraversata dalla luce.
In questa sua specificità Zingaretti ha avuto la ventura di assistere, non senza sofferenza, a inarrestabili trasformazioni tecnologiche che al gusto del fare hanno sottratto l’antico sapore vitale. Un sapore che egli ha però custodito nel profondo dell’animo ed al quale attingono quei fantastici mondi interiori le cui rappresentazioni da sempre ci pone davanti come un dono.
Apparentemente contraddittorio, ma di una contraddittorietà che si risolve nella integrazione degli opposti, Zingaretti, con la semplicità che lo contraddistingue, riesce a far confluire nelle sue opere l’estrema complessità che caratterizza il nostro tempo. E così il suo radicamento in una realtà locale che vede il mondo attraverso il filtro della carta viene a coniugarsi con un personale irrefrenabile desiderio di conoscenza che da sempre lo spinge alla ricerca di alfabeti e rappresentazioni simboliche, espressione di culture tra loro lontane nel tempo e nello spazio. In lui le specificità della piccola dimensione si sposano con la visione dall’alto, la sola capace di garantire futuro ai valori del passato.
Come una spugna Zingaretti raccoglie le fredde informazioni cui l’era di internet gli dà accesso, le interiorizza, le elabora e poi, in un porsi fuori dal mondo, interviene con una sorta di scrittura automatica su carte preziose restituendoci armoniose giostre di colori e forme sulle quali tutti, in modo irresistibile, ci troviamo a salire.
L’amore e l’attaccamento alla grandezza delle piccole cose proprie della dimensione circoscritta si fondono in questo artista con una visione globalizzante che innesca il suo gioco planetario dove tutto è in movimento per assumere ogni volta, come in un caleidoscopio, forme fantastiche evocatrici a loro volta di emozioni e pensieri che trascendono ogni rapporto con il contingente.
Un gioco senza fine che mai lo allontana, nonostante il trascorrere degli anni, dallo spirito del bambino di un tempo che prova stupore di fronte al miracolo del fiocco di cotone che si trasforma in foglio pronto a divenire depositario del pensiero.
 
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Franco Zingaretti da ben oltre quarant’anni di fervida attività artistica ha attraversato le dinamiche dell’essere, sviluppandole con la costante e ineffabile ricerca. L’Artista è sempre stato legato alla sua città natale prediligendo la carta, non solo come supporto epidermidale, ma anche nelle sculture e installazioni di forte impatto scenico.
I suoi collage con materiali diversi tra loro: carta - cartone - legni - sabbie - cortecce d’albero e sassi marini, sono parte integrante nell’essenzialità costruttiva dell’opera, ed è un valore aggiunto nello spazio dinamico nelle sue “Reazioni Cosmiche”, o nelle  composizioni rigorosamente scandite da coordinate centripete. La mostra contestualizza il suo percorso di costellazioni e di elementi simbolici ed onirici, dando spessore a quell’humus tutto proprio dell’artista. In questa sua Antologica egli suggella una stagione nuova nel panorama artistico dell’arte contemporanea. Le opere non seguono un ordine cronologico, ma è come “Gioco Infinito”, è un intercedere, dove il tempo è solo un frammento dell’Universo; è come uno specchio che riflette l’essenza dell’anima.
Le sue sinergie, non sono visioni apocalittiche, ma invece sono “luce”, che infrangendosi disvela la purezza e l’innocenza nel meravigliarsi meravigliandosi. Il suo lavoro non è l’esemplificazione del fare, casomai è il suo contrario; è linfa ineluttabile che dal cuore vola verso l’altro. Franco Zingaretti è la genesi del pathos e i suoi castelli di sabbia sono sottilissimi granelli che defluiscono e si comprimono come materia indissolubile, forse rimane solo la memoria di un tempo remoto. Percezione, tesi “antitesi”, misura senza misura è il viaggio dove la veglia è la mano che scioglie con passione la sua testimonianza nell’happening diventando sciamano che invoca l’armonia del mondo, tessendo come Penelope la sua Itaca.
Nell'opera dal titolo “l'Ombra aritmetica” egli depone legni e ritagli come saio ricucito dove delle schegge impazzite di colore emergono qua e là sul corpo asettico, mentre la squadra celeste non possiede più le esatte coordinate se non nella sua dimensione onirica. La sua pittura è come un anello di fuoco carico di tensione - emozione che si fa presenza d’incanto. Signore vengo a te con gli occhi di un bambino. 
Claudio Schiavoni

Giovanni Allevi - A cuore aperto

Fonte: http://musicantis.blogspot.it/2012/05/giovanni-allevi-cuore-aperto.html
di Saverio Spadavecchia


Giovanni Allevi ritorna a Fabriano presentando lo spettacolo “Incontro tra parole e musica”, e lo fa con la sua semplicità e con il sorriso che è solito accompagnarlo in ogni occasione. Il legame con la città della carta forte e vivo, ed è lo stesso artista di Ascoli Piceno ad esordire così  : “Ritornare in questo teatro per me è sempre una emozione grandissima, perché il teatro Gentile da Fabriano ha rappresentato un punto di svolta fondamentale nella mia carriera. Qui infatti ho registrato l’album Evolution, il mio primo album registrato con l’ orchestra dei Virtuosi Italiani. Per me tornare qui, oggi, significa rivivere le stesse emozioni del 2008. E mi fa sperare di poter ritornare a fare qualcosa nuovamente di respiro sinfonico. E poi questo teatro è importante perché quando dovevo scegliere il luogo dove registrarlo, mi sono informato presso alcuni fonici di mia conoscenza per sapere quale fosse il luogo con la migliore acustica. E tutti, mi hanno indicato senza dubbio alcuno il teatro fabrianese. Anche fonici che non si conoscevano tra loro e che non sapevano di questa mia indagine, hanno segnalato con decisione il Gentile. Una qualità che secondo gli interpellati va oltre i confini nazionale e si dimostra estremamente apprezzata e considerata anche all’estero. E dopo averla provata questa magnifica acustica, posso ammettere senza dubbio che è così. E soprattutto non escludo di ripensare un nuovo progetto sinfonico dopo due anni di tour di pianoforte solo”. 

Prendendo spunto dal tuo ultimo libro, “Classico ribelle”, quanto c’è di classico e quanto c’è di ribelle dentro di te?
“la classicità rappresenta tutto quanto ho studiato nel corso degli anni. 20 anni di studio accademico sono stati durissimi, ma sono serviti per entrare in contatto con quello che i grandi del passato hanno creato. Davanti alla classicità abbiamo 2 possibilità : rimanere schiacciati dalla sua magnificenza oppure costruire una via ribelle, e provare a capire se anche noi abbiamo delle capacità di fare altrettanto partendo dal loro spunto. E questo gesto irreverente non è stato perdonato dagli accademici, perché loro non perdonano l’allontanamento dal passato per affermare il presente. Ma questa sana ribellione è necessaria, perché la musica classica deve tornare ad avere un ruolo centrale anche nel presente”.
E’ di pochi giorni fa l’uscita del tuo album in Francia, quanta emozione c’è nel presentare e far conoscere la propria musica al di fuori dei confini italiani?
“C’è emozione ed orgoglio perché tutto è nato dopo un mio concerto a Parigi. Concerto che non dovevo fare a causa della scarsa prevendita dei biglietti. In molti mi hanno sconsigliato di farlo, ma io non ho mai fatto delle questioni sui numeri e mi sono detto che questo concerto era esattamente come tutti gli altri. Ho preso la decisione di suonare con tutta la passione e con tutto il cuore di cui ero capace. Per fortuna il teatro si è riempito, ed il caso ha voluto che dei dirigenti dell’etichetta per cui “Secret Love” è uscito fossero presenti. E quindi se io non avessi seguito il cuore, non ci sarebbe stato nessun disco in Francia. Non bisogna dar retta alle proprie paure, bisogna buttarsi di cuore, perché quando fai le cose in questa maniera le porte si aprono”.

E’ stato come rivivere, con le dovute differenza, il tuo primo concerto a Napoli. Dove si presentò solo una persona?
“Verissimo! Anche perché nell’occasione parigina, mi sono rivisto nei momenti iniziali della mia carriera. La condizione dell’inizio è fondamentale, perché in quella fase è tutto da provare e scoprire. D’altra parte io non mi sono mai sentito arrivato, e quindi rivivere le sensazioni di Napoli è stato importante. Tutto è da inventare e tutto è da costruire quindi bisogna andare avanti così”.

Quindi bisogna sempre emozionarsi, Giovanni?
“Assolutamente. È fondamentale emozionarsi sempre, perché è la cosa più importante di tutte”.